Era il 30 marzo 2019 quando gli Spriss Rangers esordirono ufficialmente con la loro prima partita.
Eravamo un po’ emozionati, un po’ agitati, un po’ timorosi.
C’era chi non scendeva sul diamante da 25 anni, chi era reduce da qualche infortunio, chi non si ricordava precisamente tutte le regole, chi non aveva mai giocato, chi aveva le giunture scricchiolanti per l’età.
Ma soprattutto: non sapevamo ancora bene in che ruolo giocare, non ricordavamo al volo tutti i nomi dei nostri compagni di squadra, l’ingranaggio in difesa era un po’ arrugginito.
Durante quelle due intense giornate è successo un po’ di tutto: qualcuno si è fatto male davvero, qualcuno ha ripreso confidenza col gioco, qualcuno ha riassaporato l’odore della gloria del suo passato.
Ma quel che è più importante, abbiamo iniziato ad essere una squadra.
Una squadra che, da quella prima partita di un anno fa, ne ha fatta di strada.
I ruoli si sono pian piano definiti, a colpi di Tetris, i nomi li abbiamo imparati tutti, anzi, abbiamo addirittura coniato nuovi soprannomi.
Qualcuno da “quasi coach” è diventato “coach” a tutti gli effetti.
Qualcuno si è reinventato in un ruolo che non era suo.
Qualcun altro, in box di battuta, è riuscito a passare in qualche mese dal livello “statua di granito” al livello “doppio”.
Dopo tanti “scusa scusa” sono arrivati gli strike out, il nostro primo doppio gioco che non pareva vero.
La nostra prima vittoria.
Sì, quella vittoria per un punto che ci era sembrata la più bella di tutte le vittorie possibili.
Quell’urlo dell’arbitro “OUT!”, i giocatori che si guardano increduli, “gavemo vinto eh!” urla qualcuno.
E scattano gli abbracci, la festa, le birre, le chiacchiere fino a tarda notte.
Oggi siamo qui, dopo un anno, fisicamente distanti, ma virtualmente ed emotivamente sempre vicini.
“Credere in voi, dici? Vedevo l’entusiasmo, è bastato solo darvi una piccola spinta, un pezzo di prato su cui giocare. E gli Spriss Rangers sono diventati una realtà. E che realtà…” dice il nostro Presidente Salvatore Sechi.
E noi Spriss Rangers non vediamo l’ora di tornare su quel pezzo di prato, a sollevare terra rossa, a ridere, scherzare e ad abbracciarci di nuovo.